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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Sonnet Stanfill (a cura di), The Glamour of Italian Fashion 1945-2014

[Victoria and Albert Museum, Londra, 5 aprile-27 luglio 2014; catalogo The Glamour of Italian Fashion since 1945, a cura di S. Stanfill, V&A Publishing, London 2014]

L’allestimento e il catalogo della mostra The Glamour of Italian Fashion sono organizzati secondo due serie di criteri. Una serie è legata al tipo di materiale o al genere a cui è destinato il capo di abbigliamento o l’accessorio: si trovano esposti insieme capi e accessori in pelle o in lana, di moda femminile o maschile. La serie di criteri dominante è però quella storica e geografica. Chi visita la mostra o legge il catalogo ripercorre la storia e la geografia della moda italiana a partire dal secondo dopoguerra fino al presente. Le prime sale della mostra sono dedicate all’emergere e al consolidarsi del sistema della moda in Italia.

Gli anni Cinquanta e Sessanta sono quelli in cui la moda italiana si emancipa definitivamente dal modello francese, acquisendo sia uno stile e un’identità distinte, sia un modello produttivo e un circuito di circolazione propri; la data simbolica che ne segna la nascita è il 1951: nel febbraio di quell’anno Giovanni Battista Giorgini organizza la prima di una lunga serie di sfilate che riscuotono un grande successo internazionale. La città scelta è Firenze, che rimane insieme a Roma la capitale dell’alta moda italiana per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta. A determinare il successo della moda italiana è soprattutto la sua diffusione negli Stati Uniti: la clientela è costituita in gran parte dalle classi abbienti americane, la cui idea dell’Italia è quella del Grand Tour riproposta allora dal cinema.

A documentare questo periodo sono abiti e accessori che hanno segnato gli anni Cinquanta e Sessanta. In quelle che sono le sale meglio allestite della mostra, si possono vedere esposti alcuni capolavori, fra cui basta ricordare gli abiti delle sorelle Fontana, di Simonetta, di Irene Galitzine e di Mila Schön. Abiti e accessori sono accompagnati da informazioni e materiali d’archivio che informano sul contesto storico e geografico, la committenza, l’uso e la creazione. Leggendo la documentazione che accompagna abiti e accessori, si intuisce la ricca articolazione interna della moda e la complessa rete di rapporti che la legano alla storia culturale, politica ed economica dell’Italia.

Negli anni Settanta Milano diventa la capitale della moda italiana. Questo sposamento coincide con una trasformazione epocale della moda in cui l’Italia svolge un ruolo decisivo: l’alta sartoria italiana si trasforma in un’industria creativa che si afferma a livello di massa e su scala globale. Innovatori come Walter Albini e Giorgio Armani si rendono conto che è necessario coniugare la produzione e la distribuzione di scala degli abiti e degli accessori con uno stile che dia un’identità riconoscibile a oggetti prodotti in serie: è questa l’idea che trasforma il prêtà- porter in uno dei settori più avanzati dell’industria culturale.

È in Italia che nasce così la figura dello stilista, che non è più un artigiano che confeziona capi di alta qualità, ma una figura complessa con compiti creativi e di coordinamento. Lo stilista disegna gli abiti ed è responsabile di un progetto artistico e di uno stile, per realizzare i quali deve coordinare la produzione e la distribuzione dell’intera collezione; ed è il suo nome a identificare uno stile e un brand. La data simbolica che segna questa svolta è il 1978, quando Giorgio Armani firma il contratto con il Gruppo Finanziario Tessile (GFT), che gli garantisce il pieno controllo artistico delle collezioni e la supervisione della loro produzione e distribuzione.

Questa rivoluzione nel sistema della moda è però raccontata e spiegata meglio nel catalogo, di quanto non lo sia nelle mostra. Nelle sale dedicate agli ultimi 40 anni l’ordine narrativo e geografico perde coerenza, per lasciare spazio a un’esposizione seriale di abiti e accessori che ricorda quella di un centro commerciale. Chi visita la mostra sa comunque di avere visto un frammento dell’archeologia del nostro presente: la moda copre letteralmente di significati la nuda vita.

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