[ a cura di G. Porcu, Il Maestrale, Nuoro 2022 ]
La recente pubblicazione di una nuova edizione del romanzo di Grazia Deledda, Dopo il divorzio, curata da Giancarlo Porcu e con una postfazione di Mauro Pusceddu, fornisce nuovi e interessanti elementi di studio dell’opera della scrittrice premio Nobel. Inizialmente pubblicato in rivista, il romanzo viene dato alle stampe nel 1902 e in seguito riscritto interamente e pubblicato con il titolo Naufraghi in porto, nel 1920. Dopo oltre un secolo, Dopo il divorzio viene ripubblicato nella serie «La biblioteca dell’identità» dell’Unione Sarda (2004), da Studio Garamond (2016) e nuovamente dall’editrice Unione Sarda (2021) in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Grazia Deledda.
La nuova edizione di Dopo il divorzio curata da Giancarlo Porcu è composta da un’introduzione, il testo del romanzo, quattro appendici in cui troviamo, rispettivamente, l’epilogo all’edizione americana, 22 lettere parte di un’inedita corrispondenza americana (1903-1905), l’edizione critica del capitolo I e il racconto Il morso della tarantola (1901), che sarà poi un episodio parte del romanzo. Il materiale proposto e analizzato puntualmente da Porcu permette di navigare attraverso il romanzo e la sua storia, contestualizzandolo nel tempo e nelle vicende politiche dell’epoca. Il curatore evidenzia l’importanza di Dopo il divorzio sia per la comprensione della posizione politica dell’autrice rispetto a questo istituto sia per le sue modalità di scrittrice, professionista e pienamente inserita nel suo tempo. È infatti grazie al materiale analizzato da Porcu che veniamo a conoscenza della data di prima pubblicazione, su «La Rassegna Nazionale» dal settembre 1901 all’ottobre dello stesso anno. Questo non è un dettaglio trascurabile, visto che proprio nel marzo di quello stesso anno i deputati socialisti Agostino Bernini e Alberto Borciani avevano presentato in Parlamento un progetto di legge sul divorzio, che prevedeva la possibilità di chiederlo in alcune specifiche situazioni, come nel caso in cui il coniuge fosse stato condannato a pena reclusiva superiore a dieci anni. Porcu sottolinea come questo arco temporale aumenti quello che lui chiama «coefficiente distopico» (p. XI) del romanzo e ci permetta di capire l’abilità di Deledda «nell’assumere la cronaca nella confezione di un immediato progetto editoriale» (pp. XIV-XV). Il divorzio, infatti, come già evidente dal titolo, è la chiave di tutti gli eventi che si intrecciano in questo romanzo e Deledda lo utilizza immediatamente come materiale di lavoro.
Interessanti sono anche i due epiloghi (il romanzo del 1902 aveva un finale aperto): il primo epilogo pubblicato a dieci anni dalla morte della scrittrice da Euralio De Michelis sulla rivista «Mercurio» e il secondo, con lieto fine, pubblicato nella traduzione americana del romanzo (After the Divorce, 1905), la cui storia è ricostruita attraverso un’analisi puntuale di materiale di vario tipo (lettere, documenti, riviste). Gli epiloghi sono un’ulteriore testimonianza della modalità operativa di un’autrice dalla grande creatività, ma che sapeva anche lavorare con obiettivi mirati e adattare la sua scrittura al e per il suo pubblico, come si evince, per esempio, da una lettera, inserita in questa nuova edizione, in cui la scrittrice chiede che tipo di argomento per un romanzo possa interessare il pubblico americano (pp. 310-311).
Arricchita con una postfazione di Mauro Pusceddu che ci mostra i legami tra diritto, narrazione e predizione (non solo nell’opera di Deledda), la nuova edizione di Dopo il divorzio è un significativo e ben documentato contributo allo studio dell’opera e offre un’interessante prospettiva sulla personalità e sulle reti di relazioni della scrittrice premio Nobel, e su come, nelle parole di Porcu, «non ha solo raggiunto il “mondo grande”: l’ha conquistato».
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