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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 87

gennaio/giugno 2023

Marco Carmello, La poesia di Elsa Morante. Una presentazione

[Carocci, Roma 2018]

Lo studio di Marco Carmello si propone di «indicare una via possibile per rivendicare all’opera in versi di Morante l’importanza che le spetta» (p. 11). L’autore si domanda quale spazio la scrittrice abbia affidato a questa parte della sua produzione che, seppur vasta e articolata, non ha avuto la stessa rilevanza dell’opera in prosa.

In questa lettura Alibi e Il mondo salvato dai ragazzini assumono una chiara funzione di soglia: zona di elaborazione e di passaggio tra la prima produzione romanzesca – per intenderci, quella segnata da Menzogna e sortilegio e L’isola di Arturo – e la seconda, inaugurata dalla pubblicazione della Storia. Scritte a dieci anni di distanza (1958; 1968), le due raccolte poetiche costituiscono degli strumenti di riflessione e di ricerca metaletteraria sul senso da affidare alla scrittura. Alibi rappresenta una «prova poetica vitale, un vero e proprio saggio sulla natura dello scrivere e della parola […] dopo Alibi si sa da dove venga e cosa veramente sia l’incanto» (p. 52). Il mondo salvato dai ragazzini segna invece il «passaggio da una poesia dell’alibi, dell’altrove, a una poesia del qui, che deve affrontare lo scandalo […] della storia» (p. 55). È chiara quindi la funzione che in questa sede viene attribuita alla scrittura poetica: affrontare lo scandalo della storia significa virare verso un’idea di letteratura che si confronti con il reale e che offra delle chiavi per la sua interpretazione. È questo il punto centrale della riflessione di Carmello. Il mondo pone le basi per la scrittura della Storia ed è per questo un’opera chiave nella produzione della scrittrice: dalla poesia Addio che, nell’aprire la raccolta, suona come un congedo dalla poetica precedente, alla finale Canzone della Carlottina, appare evidente la ricerca e la definitiva assunzione di una lingua adatta ad esprimere la storicità.

Il volume, lungo i suoi sette capitoli, presenta un’analisi dettagliata delle due raccolte per poi affrontare il tema dell’inquadramento della poesia di Morante nella produzione poetica del Novecento italiano, con l’obiettivo di fare luce sulle ragioni della sua «estraneità». La poesia di Morante appare in controtendenza rispetto a quelle che qui vengono definite le «poetiche del negativo» e che, dall’Ermetismo alla Neoavanguardia, hanno segnato il panorama italiano della poesia del Novecento. Anche nei momenti di spiccato sperimentalismo (Il mondo), Morante non abbandona mai – per dirla con le parole di Mengaldo – l’idea di «sottomissione della lingua alla cosa» (p.102) ed elabora un linguaggio che mira alla descrizione in positivo della realtà. Questa caratteristica unitaria della sua opera in versi si presenta come isolata rispetto a quella dialettica del negativo che, secondo l’autore, ha fortemente segnato le «griglie» interpretative della poesia italiana del secondo Novecento, classificando come fuori tempo le opere che se ne discostavano (pp. 102-104). Ma l’analisi di Carmello apre su un’altra prospettiva: se l’isolamento di Morante viene letto in termini di scelte e di interpretazioni rispetto alla tendenza a lei contemporanea, la sua poesia si rivolge «ai ragazzini che non sono ancora arrivati, ma che, al momento buono, troveranno nelle parole del poeta Morante un possibile modello per la loro opera in versi» (p. 104).

Lungi dall’essere solo un complemento dell’opera in prosa, la poesia di Elsa Morante costituisce «un momento autonomo» (p. 105) della sua produzione. Proprio in questa prospettiva l’opera poetica è strumento di riflessione teorica e linguistica fondamentale a supporto della produzione romanzesca, come Carmello ha il merito di aver messo in evidenza. 

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