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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Giuseppe Carracchia – Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea

[ a cura di L. Pugno, il Saggiatore, Milano 2021 ]

A diversi mesi dall’uscita della Mappa immaginaria, rispondere alla domanda cos’è questo libro (e dunque per chi è e come va letto), mette ancora in difficoltà chi voglia evitare di cadere in atteggiamenti liquidatori o elogiativi. In sintesi: un gruppo ristretto di poeti e poete, guidato da Laura Pugno, ha individuato 7 parametri (Affettività, Assertività, Conoscenza, Io, Mondo, Performance, Sperimentazione) attraverso cui un più ampio gruppo (che include il primo) ha valutato quantitativamente un corpus di 99 autori, fra i quali rientrano la maggior parte dei partecipanti (nella doppia veste di valutatori e valutati). Un lavoro che sulla carta combina «critica letteraria e antropologia […] digital humanities e lettura dei corpora» e che agli occhi di filologi o linguisti, abituati a maneggiare dati quantitativi e qualitativi, rischia di far acqua da tutte le parti. Infatti, le dichiarazioni d’intenti della curatrice sul trattarsi di una ricerca infieri, che, pur con i suoi limiti, potrebbe far da apripista, e di un lavoro che ha natura non normativa ma descrittiva, appaiono deboli se associate a un’operazione che ha previsto a monte la scelta di un corpus e l’individuazione di parametri d’indagine. La problematicità del corpus non riguarda la conta dei presenti ma il fatto che la sua costruzione ha sempre natura normativa e necessita di un quadro teorico. D’altra parte, anche avessimo delle coordinate meno vaghe sul corpus, ciò non spiegherebbe come siano stati costruiti i parametri né risolverebbe l’evidente assenza di condivisione del significato di ciascun parametro fra i partecipanti e la mancanza d’uniformità procedurale, basi indispensabili a qualunque indagine quantitativa (a maggior ragione trattandosi di parametri difficilmente oggettivabili poiché non basati, ad esempio, su rilievi stilistici ma su quell’aria che tira interna al campo e sul background dei partecipanti). Ciascun votante, assegnando un punteggio per ogni parametro, non potrà che attingere a un bagaglio di percezioni personali e collettive che a partire da un testo (cioè da una lingua) ci dicono quanto Affetto o quanto Mondo vi è in esso, ma senza mai parlarci di questa lingua né, in effetti, mettere in dubbio l’ordine costituito della vulgata critica. Agli occhi di un linguista, uno storico o un filologo,incrociare quantificazioni presumibilmente oggettive derivanti da interpretazioni ipersoggettive e superficiali non può che risultare indigesto. Considerando le premesse è però legittimo chiedersi perché mai dovremmo leggere con tali occhi un libro che, salvo alcune eccezioni, non menziona rilievi linguistici o storico-filologici. Dal punto di vista del critico invece, a prescindere dalla sua formazione o dal suo orientamento, il lavoro risulta perlopiù un’operazione inaccettabile già solo per la pretesa di ragionare sulla poesia anche in termini quantitativi, andando oltre la vertigine monografica, l’impressionismo immaginifico o la foto di gruppo. Eppure, la Mappa contiene davvero – come auspicato da Pugno – un bagaglio di spunti utili a ossigenare tanto i discorsi sulla poesia contemporanea, quanto gli approcci di studio. Il desiderio di un’indagine corale, capace di far dialogare in modo intelligente e con rigore scientifico una mole di dati quantitativi con reagenti qualitativi, cioè a dire con interpretazioni, traendone una sintesi complessa e a tutti gli effetti nuova, è una prospettiva avvincente, come interessanti sono singoli capitoli del libro e molte riflessioni estrapolate dalle schede di valutazione. Se la si guarda con gli occhi della curiosità, questa Mappa si colloca, aliena, in uno spazio viziato, utilissima per quel tanto che di creativamente innovativo importa nell’ambito dell’italianistica orientata al contemporaneo in Italia, ambito sensibilmente refrattario a qualunque discorso che osi, pur nell’incertezza e nell’imprecisione, sondare terreni diversi, senz’altro scivolosi, ma che possono permetterci di toccare con mano prospettive meno usuali e più complesse. E perché no, talvolta, anche divertenti.

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