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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Tiziano Toracca – Bruno Pischedda, La competizione editoriale. Marchi e collane di vasto pubblico nell’Italia contemporanea (1860-2020)

[ Carocci, Roma 2022 ]

Pischedda affronta la storia dell’editoria italiana dall’Unità ai primi decenni del XXI secolo analizzando «l’assortimento, il profilo merceologico e la distensione nel tempo» di alcune collane di successo: da quelle ideate tra gli anni Sessanta e Ottanta dell’Ottocento da Sonzogno (la «Romantica», l’«Universale») e da Treves (l’«Amena»), a quelle tascabili e super economiche lanciate negli anni Ottanta e Novanta del Novecento da Stampa Alternativa («Mille lire»), Newton Compton («TEN»), Mondadori («I miti»), RL Libri (i «SuperPocket») e alle “collaterali” promosse da riviste e quotidiani in quegli stessi decenni e oltre. La ricerca si basa su un duplice presupposto: da un lato sull’idea che nella moderna catena del libro a fare la differenza siano il carattere industriale dell’impresa editoriale e la possibilità di disporre di risorse economiche non solo personali o familiari, ma anche creditizie e finanziarie (ciò alla luce di un processo lento e disomogeneo, ma inevitabile, che vede transitare l’editoria italiana dall’artigianato all’industria e dal singolo al gruppo); dall’altro lato sull’idea che gli spazi di manovra schiusi dalle capacità economico-organizzative di un’impresa editoriale – e più in generale le logiche concorrenziali dell’editoria moderna – si manifestino al meglio nelle collane, cioè in quelle proposte seriali animate da strategie di imitazione e differenziazione tese a ridurre il capitale di rischio e a fidelizzare il lettore. La competizione editoriale e la stessa riconoscibilità dei marchi sono insomma impresse nelle traiettorie delle collane di vasto pubblico ovvero nelle vicende di quel «genere editoriale» (p. 17) che si è imposto nella seconda metà del XIX secolo e che ha rappresentato a lungo «l’asse progettuale e concorrenziale di una moderna editoria» (p. 467). Il volume è scandito in archi temporali e procede in ordine cronologico, ma non è una rassegna. Al netto di un’imponente messe di dati, del resto inevitabile, Pischedda si muove per carotaggi, affondi e accostamenti funzionali. Descritte e comparate nelle loro varianti (prezzo, formato, grafica, paratesti), le collane funzionano infatti da cartine al tornasole per individuare epopee o parabole specifiche (ad esempio della manualistica di fine Ottocento, del megaeconomico di fine Novecento, dei supergeneri) e per rilevare svolte, trasformazioni o controspinte del sistema editoriale. Il passaggio a un’editoria di massa che avviene tra gli anni Dieci e Quaranta del XX secolo parallelamente alla nascita di un nuovo schieramento editoriale e, dal fatidico 1931, di una «industria delle traduzioni» (Rundle), viene ad esempio analizzato tenendo conto del fiorire di collezioni rivolte a comparti e generi privilegiati (dal romanzo per ragazzi al rosa e al poliziesco); della nascita di universali inclusive e tascabili come la «Biblioteca Vallecchi», «I romanzi della palma» e la «Medusa» di Mondadori o «I corvi» di Corbaccio-Dall’Oglio; del profluvio di collane dedicate alle traduzioni, da quelle lanciate da Slavia e Sperling & Kupfer a quelle promosse dai vari Sansoni, UTET, Carabba, Mondadori, Bompiani, Einaudi; di esperienze sui generis, ma rivelatrici, come quelle di Baldini & Castoldi, di Formiggìni o di «Treves dopo Treves» (Garzanti). È del resto approfondendo la traiettoria degli «Oscar», dei «Libri pocket» Longanesi, della «BUR» di Spagnol e Violo e dell’«Universale Feltrinelli» che Pischedda racconta la grande stagione dei tascabili (1965-1980) ed è alla luce di alcune collane saggistiche a basso prezzo («I gabbiani» del Saggiatore, «L’universale Laterza», la «PBE» di Einaudi) e dell’esperienza di Adelphi e Sellerio che dà conto di alcune trasformazioni che preludono alle grandi crisi aziendali e alla svolta informatica degli anni Ottanta e Novanta, quando la prassi collanologica sembra tramontare. Al termine di una ricostruzione estesa che fa perno su una ricca e utile bibliografia, Pischedda invita tuttavia a non sottovalutare la tenacia della forma-collana nel panorama contemporaneo.

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