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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 87

gennaio/giugno 2023

Samuel Beckett, In nessun modo ancora

[Einaudi, Torino 2008]

Esce per Einaudi a cura di Gabriele Frasca la traduzione della seconda trilogia beckettiana Nohow on, edita nel 1989 e costituita da tre prose brevi: Company, Ill Seen Ill Said, Worstward Ho. Visto nella sequenza dei tre testi che lo compongono, e nel suo requisito di ultima pubblicazione in prosa curata dall’autore, Nohow on costituisce l’atto finale di quella progressiva rinuncia alla scrittura come rappresentazione della vita, lungo il cui asse si è sviluppata tutta l’opera di Beckett: dopo Respiro (1968) la drammaturgia beckettiana sperimenta un’improbabilità di resa scenica che porta allo sforzo estremo di Cosa dove (1984), oltre il quale c’è il silenzio definitivo. Ma, fallito il drammaturgo, è il prosatore a continuare l’indagine speculativa; e lo fa attraverso una poetica al negativo che termina proprio con Nowhow on, ossia con un approdo senza riscatto alla negazione della scrittura.

Il narratore-personaggio di Nohow on è un io privo d’identità incapace di riconoscere la sua posizione nel mondo, e dunque di fornire con la scrittura un’adeguata rappresentazione del reale. Tale stato di alienazione si traduce nel diniego all’utilizzo, in riferimento a se stesso, della prima persona grammaticale – strumento attraverso cui il soggetto afferma con consapevolezza la propria esistenza – e nel ricorso coatto ad una terza persona spersonalizzante. È per uscire da questa situazione di stallo che nella prima delle sue tre tappe, Company, il narratore di Nohow on escogita volontariamente, e non limitandosi a «subirne i contenuti» come invece vorrebbe Trevi («il manifesto», 22 marzo 2008), il trucco di una voce misteriosa che si ponga come sua interlocutrice dialogica – emblematico il passaggio alla seconda persona grammaticale – e lo riconosca dunque come altro-da-sé, conferendogli in questo modo un’identità.

Tuttavia la complessa impalcatura crolla e il narratore, fallito il suo progetto salvifico, deve ammettere significativamente in terza persona di essere «solo». Ill Seen Ill Said è il secondo scatto lungo la via dell’antiscrittura. Il titolo inglese permette ancora un ultimo utilizzo della prima persona: frustrato l’“io sono” infatti, si ipotizza almeno un “io vedo”. Ma in realtà quelle di cui si fa esperienza nel racconto sono solo visioni fallaci che generano inevitabilmente una narrazione non riuscita, come denuncia con chiarezza il titolo scelto dall’autore per l’edizione francese: Mal vu mal dit. Per il narratore di Nohow on si tratta della seconda sconfitta. In Worstward Ho, ultima tappa del viaggio alla fine della scrittura, avviene la rinuncia definitiva alla rappresentazione della realtà: se prima «si sarebbe tentato di vedere […], ora non più»; ne deriva un racconto ridotto ad una serie di imperativi attraverso i quali il narratore si impone di arrivare, riuscendo di volta in volta a scrivere sempre «meglio peggio», al silenzio assoluto del «nulla dopo il fosco».

Si svela così una sorprendente funzione metaletteraria al negativo: nel processo di annientamento della scrittura che lo caratterizza, l’impianto dei tre racconti funziona come allegoria di una riflessione esistenziale e formale sull’inadeguatezza dell’arte. Ora, data la coesione strutturale di Nohow on, convince poco la scelta einaudiana di inserire nel volume anche altri tre testi autonomi, raggruppati arbitrariamente sotto il titolo di Sussulti, estranei al piano di antiscrittura da Beckett coscientemente ricercato attraverso la trilogia. Un piano che l’autore volle indicare già nel titolo complessivo della raccolta, Nohow on appunto, la cui versione italiana In nessun modo ancora – ma era impresa oggettivamente ardua – non riesce pienamente a rendere.

Infatti il progetto metaletterario al negativo che la struttura dell’opera suggerisce, ultimo approdo del Beckett prosatore speculare a quello del Beckett drammaturgo, vieta qualsiasi espressione di apertura, ipoteticamente ravvisabile invece in quell’«ancora», sinonimo quasi di “per ora”. È invece a un’espressione di chiusura totale che il titolo rimanda: ‘in nessun modo oltre’; ‘in nessun modo più’; o meglio Nohow on, come indicato dall’autore e come conservato nelle traduzioni spagnola, francese e tedesca.

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