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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Agnese Macori – Narratologie. Prospettive di ricerca

[ a cura di C.M. Pagliuca, F. Pennacchio, Biblion edizioni, Milano 2021 ]

L’idea di fondo che sorregge il libro Narratologie. Prospettive di ricerca è che «la pluralità di prospettive sia una risorsa» (p. 12): questa idea giustifica sia l’uso del plurale nel titolo, sia il ricorso a impianti teorici provenienti da altri ambiti disciplinari che integrano le ricerche sul racconto. Il volume – curato da Pagliuca e Pennacchio – raccoglie quattordici interventi, derivati da altrettante relazioni presentate in occasione del primo Seminario permanente di narratologia (2020). I saggi, che non sono legati da criteri di uniformità tematica o cronologica, sono suddivisi in due sezioni: «Dalla teoria ai testi» in cui vengono affrontate questioni di carattere generale e non legate a un testo specifico, e «Dai testi alla teoria» in cui i saggi prendono l’abbrivio dall’analisi testuale. In realtà – e di ciò mettono in guardia i due curatori fin dall’Introduzione – non è possibile stabilire un confine netto tra testi e teoria, che si implicano e si presuppongono reciprocamente. Così il saggio Cosa significa “ascoltare” in un testo narrativo di Giovannetti muove da considerazioni teoriche per riflettere sulla resa letteraria dell’oralità e dell’ascolto, ma lega il suo discorso a esempi testuali, tratti da Manzoni, Verga, ma anche da Joyce. La testualità viene intesa in senso ampio, e in prospettiva intermediale, arrivando a includere l’analisi filmica, condotta attraverso gli strumenti narratologici. Tale approccio multimediale è ripreso dall’intervento successivo, Elementi per una riflessione sul modo cinematografico in letteratura di Bellardi, che analizza la temporalità filmica in letteratura, soffermandosi in particolare sull’analisi di alcuni passaggi di Uomini e no di Vittorini. Questa contaminazione tra medium differenti – portata avanti anche da Pagliuca nel saggio Il punto sulla metalessi – è un esempio della pluralità di prospettive rivendicata dai curatori; una pluralità che spazia dalle teorie alle metodologie applicate, e di conseguenza anche ai testi: e infatti il concetto di testo è inteso in senso ampio, arrivando ad abbracciare l’universo cinematografico, a riprova della vitalità della disciplina. Gli ultimi due saggi di questa prima sezione sono dedicati alla narrativa breve, in particolare Zanantoni in I processi di interpretazione della raccolta di racconti si sofferma sull’unità politestuale, applicandovi la teoria dei modelli situazionali: anche in questo caso la teoria trascolora nel commento testuale di Il capofabbrica di Bilenchi. I saggi della seconda sezione sono disposti secondo il più classico principio cronologico, e muovono da Manzoni, chiamato in causa da Castellana in Narratologia e interpunzione. Le virgolette nei «Promessi Sposi», per arrivare al saggio di Caracciolo che, contaminando narratologia, ecocritica e scienze cognitive, analizza Weather (2020) di Offill. L’impianto diacronico è reso più mosso dall’applicazione di modelli teorici differenti. Un esempio è rappresentato dai saggi di de Cristofaro e di De Caprio. Il primo, nel suo Addio tempo crudele. Note sull’imperfetto dei naturalisti (e oltre), adotta una prospettiva comparatista per portare avanti un discorso che muove in due direzioni: una riflessione sugli usi dell’imperfetto e la dimostrazione che dopo Flaubert la scelta del tempo verbale contribuisce alla produzione di un orizzonte di senso. La seconda, nell’intervento «Una storia come quella che ho raccontato». Istanza enunciativa e schemi narrativi nel paratesto di «Una pietra sopra», analizza gli apparati paratestuali della raccolta di saggi di Calvino, mostrando come da questi risulti una frattura dell’istanza enunciativa tra l’autore del macrotesto e l’autore dei singoli saggi. Insomma, il volume curato da Pagliuca e Pennacchio è una raccolta che non teme il confronto con la pluralità, riuscendo a offrire una fotografia sfaccettata ed eclettica (e proprio per questo talvolta destabilizzante) della prospettiva – o meglio, delle prospettive – della quale si tenta (e a nostro avviso di riesce) di mostrare la vitalità.

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