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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Marco Bernini, Marco Caracciolo, “Letteratura e scienze cognitive”

[Carocci, Roma 2013]

 

Il libro è uno dei primi tentativi di introdurre e sistematizzare in Italia la prospettiva che le scienze cognitive possono aprire alla teoria della letteratura. La cosiddetta «svolta cognitiva» risale agli anni Novanta, ma in realtà già un decennio prima alcuni critici (Eco, ad esempio) avevano esplorato un simile campo interdisciplinare. Come viene chiarito nell’introduzione, questa prospettiva si colloca in una tradizione critica che parte dalle teorie della narrazione elaborate in ambito strutturalista e approda oggi in quell’area che il critico americano David Herman definisce «narratologia postclassica».

Il primo centro di interesse delle scienze cognitive per la letteratura è l’aggiornamento del bagaglio lessicale e metodologico ereditato dai metodi classici. Attraverso gli studi cognitivi, una categoria come quella di “focalizzazione” può venire seriamente problematizzata e sfumata, fornendo strumenti più raffinati e precisi rispetto alle distinzioni tradizionali, segnate spesso da forti dicotomie. Si arriva perciò a una «narratologia cognitiva»: un approccio in cui la narrazione non è un più un oggetto legato strettamente alla letteratura ma è, piuttosto, un «processo che può essere realizzato in vari media».

Il secondo punto di interesse è l’elaborazione di una teoria in cui la letteratura sia vista come una pratica socioculturale e artistica smarcata dalla narrazione. Le definizioni di “narrazione”, “storia” e “letteratura” sono, nel libro, gli aspetti più rilevanti per la discussione. Nella premessa i due autori fanno emergere i rischi che quest’approccio presenta: un «turismo cognitivo» secondo cui categorie cognitive vengono usate localmente e in maniera infruttuosa dall’analisi narrativa; o, come rischio peggiore, un «ipercognitivismo», in cui le scienze oscurano continuamente la specificità della narrativa e della letteratura. Il metodo ideale sarebbe, per gli autori, ibridare scienze cognitive e teoria della narrazione al fine di illuminare il vero nucleo di indagine: il rapporto tra mente e racconto.

Seguono la premessa tre capitoli, come tre sono le linee di indagine cognitiva della narrazione. Il primo è dedicato all’«approccio processuale»: l’analisi cognitiva dei processi psicologici di ricezione della narrazione. È chiara la familiarità con la reader-response theory, rispetto alla quale però ci si avvale di studi psicologici empirici e dell’uso di metodi e nozioni delle scienze cognitive. L’approccio processuale, il più promettente dei tre, costeggia tutte le questioni teoriche fondamentali: ridefinisce un concetto da sempre problematico come quello di “storia” (vista come un processo interpretativo piuttosto che come un oggetto semiotico); lega il concetto di temporalità al tempo della ricezione; ridiscute le frontiere dello spazio narrativo attraverso i processi cognitivi dell’immaginazione e della percezione; attraverso concetti inediti (frame, script, repertorio esperienziale) analizza la nostra costruzione del mondo narrativo e i modi di rappresentazione della realtà. Il secondo approccio è quello «analogico», in cui si postula una analogia tra le menti reali e le menti finzionali. Attraverso gli studi cognitivi, la trasparenza delle coscienze finzionali sostenuta da Dorrit Cohn può essere totalmente ridiscussa e i modi di rappresentare la vita interiore nella narrativa potranno decisamente aggiornarsi. Infine, nell’ultimo capitolo, si discute dell’«approccio funzionale»: l’analisi della narrazione rispetto ai processi conoscitivi della mente, e quindi il suo ruolo nella costruzione del sé e nelle pratiche intersoggettive e l’analisi dell’atto creativo. Particolarmente interessante è l’uso che si fa della “teoria della mente estesa”, secondo cui la mente viene continuamente modificata dall’atto della scrittura e viceversa.

Il libro è un coraggioso tentativo di aprire una prospettiva su un’area critica promettente e ricca di spunti. L’esposizione di Bernini e Caracciolo è chiara e agile; notevole è la bibliografia in chiusura, ricca di riferimenti a letture critiche recentissime.

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