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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Alessandro Manzoni, Scritti storici e politici

[Opere di Alessandro Manzoni, vol. IV, a cura di L. Badini Confalonieri, Utet, Torino 2012]

«Tradizione non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco», secondo le note parole di Gustav Mahler. Trasmettere l’opera di un classico, con lo studio, la didattica, la divulgazione, significa cioè prima di tutto “custodire”, garantire la trasmissione attraverso il rigore della verifica storico-filologica; ma senza imbalsamare, anzi continuando ad aver cura, tanto nel senso dell’indagine, quanto nel senso del lavoro appassionato, del valore di un’opera nella sua qualità di elemento “vivo”, ossia mai imprigionabile, proprio come il fuoco; e pronto dunque a essere «schierato di nuovo in battaglia» – come dice l’Anonimo – per parlare ancora e di nuovo al presente.

Questo modus operandi funziona esemplarmente come cifra dell’eroica fatica compiuta da Luca Badini Confalonieri – già autore, oltre che di molti altri lavori, dell’edizione critica di Promessi sposi e Storia della colonna infame (2006): un’impresa che si potrebbe definire un esercizio appassionato di militanza filologica.

Il primo tomo comprende il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia; la Storia della colonna infame; La Rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859. Osservazioni comparative; Dell’indipendenza dell’Italia; la Lettera al signor professore Girolamo Boccardo intorno a una questione di così detta proprietà letteraria. Il secondo contiene Frammenti e abbozzi; una Scelta di lettere di interesse storico e politico; Postille di interesse storico ed economico (spesso assenti dalla storica edizione Bonghi, perfino inedite). Ai materiali d’autore si aggiungono, oltre alle note di commento a piè di pagina, l’Introduzione, la Cronologia, una ricchissima Bibliografia, e l’Indice dei Nomi.

Il risultato d’insieme di questa nuova edizione, che ricolloca la scrittura e il pensiero manzoniani sotto la luce della filologia, del commento, e della discussione critica, è un paesaggio nuovo e moderno in quanto dinamico. Il metodo storiografico dell’autore del Discorso sui Longobardi vi risalta per la sua ostinata tensione a “disaggregare” e a “sparigliare”, andando più in là dei suoi stessi modelli – per esempio quando «propone un Muratori con più filosofia e un Vico con più filologia, un’ideale unione di prospettive differenti e complementari che lui ha cercato di realizzare e di cui presenta i risultati» (p. 23). Ritrova qui fondamento critico, nonché creativo, il concetto manzoniano tutto sui generis di coerenza, da intendersi come capacità, e azzardo filosofico, di non trovare tutto in un unico sistema, in un partito, in una dottrina, ma determinazione assidua verso un lucido scrupolo critico, verso una libertà che è «sempre un diritto, e qualche volta un dovere », perché il suo termine ultimo di verifica è la ragione individuale: «i grandi scrittori ci sono dati dalla Provvidenza per aiutare i nostri intelletti, non per legarli, per insegnarci a ragionar meglio del solito, non per imporci silenzio» (Discorso, p. 209).

E così i testi, anche quelli più noti, ritrovano tridimensionalità anche grazie allo scavo dietro alla lingua e al recupero della semantica storica: la «pazza paura» degli untori nella Colonna infame, per fornire un campione, si riaccende di un nuovo fuoco prospettico grazie al rimando all’epidemia di colera diffusasi in Europa tra il 1817 e il 1837, e al raffronto con i Ragionamenti del Cantù sul fanatismo popolare legato alla mitologia del contagio (nota 70, p. 322). Raffrontando – con le lettere, le fonti, la bibliografia – distinguendo, sparigliando lui stesso, Badini Confalonieri ricostruisce nuove possibilità di lettura e di discussione anche di un’opera spesso troppo velocemente liquidata o taciuta come La rivoluzione francese… Il testo, che «ha portato gli “offesi” a sminuirlo come frutto, intanto, di un letterato e non di uno storico […] ma poi, di rincalzo, come un frutto senile inficiato di legalismo e di moralismo» (p. 35), a un esame diretto, si presenta invece come molto più articolato di quanto lascerebbero intendere certe «“scorciatoie” di non lettura».

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