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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Niccolò Scaffai, Il lavoro del poeta. Montale, Sereni, Caproni

[Carocci, Roma 2015]

Il lavoro del poeta è la durée che si muove instancabile, fluida e sfuggente tra la vita e l’arte. La ricerca di questo volume nasce da un «doppio sguardo» (cito da un incontro con l’autore, durante la recente presentazione romana del volume), un punto di vista verticale e orizzontale che consente di «situare il testo fra le poetiche ma anche di situare il testo nell’Erlebnis del poeta». il discorso si focalizza su «quella vita intera da cui proviene il fascio di luce che illumina e può contribuire a spiegare la poesia nei suoi nuclei di senso più interni» (p. 12). La lirica è l’esperienza esistenziale ed estetica che lo sguardo multiplo di Scaffai decifra, proponendo letture avvincenti dai tre poeti indicati nel sottotitolo del volume. Si passa così da Montale – con un commento a Notizie dall’Amiata e a Il sogno del prigioniero –, a Sereni – con un testo degli Strumenti umani (L’alibi e il beneficio) e con una analisi del macrotesto di Stella variabile –, fino a Caproni – con una ricostruzione della sua parabola poetica attraverso un dettaglio interpuntivo intensamente semantico, la parentesi. Dalla lettura delle due poesie montaliane emerge una categoria decisiva: il manierismo. Si tratta di una categoria stilistica sperimentata da Montale in modo particolare nella Bufera (p. 71), dove i nuclei di esperienza vissuta, già rielaborati nelle epifanie sintetiche delle Occasioni, si fanno maniera. A fronte del depotenziarsi degli eventi vitali (ormai cronologicamente distanti dalla terza raccolta e invece ancora traumaticamente vicini alla seconda), il tema esistenziale viene sovraccaricato di fonti letterarie e di corrispondenze implicite. Come se l’esperienza personale fosse richiamata in vita ma anche fortemente messa a distanza dall’arte. Su questa linea si attesta anche il settimo capitolo («Il luogo comune e il suo rovescio»: effetti della storia, forma libro ed enunciazione negli «Strumenti umani» di Sereni), in cui la forma libro degli Strumenti umani scaturisce non come un’addizione dell’esperienza vitale, ma come una sua sottrazione. Nell’«esile mito» raccontato dalla voce polifonica di questa raccolta l’erotismo, pur presente e intenso, non trascende mai in salvezza. È l’assenza di questa ipotesi a dare al libro una forma originale, perché antimontaliana.

Ai testi dei tre poeti si associano, però, repertori diversi. Un ruolo decisivo svolgono per esempio gli epistolari, di cui Scaffai si serve per sondare l’interpretazione del testo e per far entrare in corto circuito vita e arte. Un esempio: il «filo di pietà» – la celebre e intensa chiusa di Notizie dall’Amiata e dell’intera raccolta – viene associato al brano di una lettera inviata a Irma Brandeis nel 1937. Ben prima quindi della supposta datazione della poesia (tra il 1938 e i primi quattro mesi del 1939), a dimostrare quanto l’esperienza vitale, anche la più bruciante, trovi per Montale il suo senso nella memoria (p. 55). Ma l’epistolario ha anche un ruolo più esteso, dal momento che un intero capitolo (il sesto) è dedicato alle lettere negli apparati delle edizioni di poeti italiani del Novecento. Scaffai definisce il lavoro del poeta situandosi anche nei punti di confine, quelli in cui l’estetica e la pratica intellettuale tendono a sovrapporsi. Nel primo capitolo del volume – Come lavorava Montale –, per esempio, il critico si colloca volutamente ai margini dell’opera (così recita un titolo di paragrafo). Il confronto è con i Fondi, poi con l’archivio dell’autore tuttora disseminato tra i vari destinatari soprattutto tra le Occasioni e la Bufera, con le varianti d’autore tra prima e ultima stagione, con le poesie giovanili e il loro porsi come confini ben più sfuggenti di quanto dica la solida costruzione della raccolta, con le dediche apposte sui libri ricevuti in dono al poeta, e infine con le postille aggiunte ai libri posseduti.

Il lavoro del critico, infine. Ben due volte nei titoli dei capitoli di questo splendido libro ricorre la parola «appunti». La si intenda nel senso di una apertura plastica e vitale, ma anche eticamente impegnata, verso l’enigma della creatività.

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