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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Alberto Crespi, Storia d’Italia in 15 film

[ Laterza, Bari-Roma 2018 ]

Giunto in ventiquattro mesi alla sua seconda edizione, dopo la prima datata 2016, e nato da un’esperienza didattica in un liceo romano del suo autore Alberto Crespi, celebre conduttore di Hollywood Party e critico cinematografico della fu «l’Unità», Storia d’Italia in 15 film è uno di quei rari casi editoriali che, tra i molti meriti, ha la capacità di sconfinare oltre il perimetro degli studi di settore, innescando interrelazioni dialogiche non solo tra storia e film, ma anche con arte, politica, musica, letteratura etc.

Un libro nel quale si dialoga molto e numerose sono le conversazioni che l’autore sollecita. Dialoga la storia con i film, ma anche questi ultimi tra loro. E se duplice è il rapporto di reciprocità che si instaura tra la trama raccontata all’interno di una pellicola e la reinterpretazione che dal testo filmico rimbalza nel contesto cronologico in cui lo si è prodotto o distribuito (così come nella visione spettatoriale che sempre lo riattualizza), incalcolabili sono i legami che si intrecciano tra periodi storici e cinematografici.

A suffragarlo è la struttura stessa del volume che, suddivisa in 15 capitoli (16 nella nuova edizione), corrispondenti ad altrettanti periodi della Storia d’Italia, dal Risorgimento ai giorni nostri, solo apparentemente poggia sull’abbinamento di un film prescelto per ognuno di essi. Una pellicola-locomotiva, alla quale se ne agganciano molte altre che, senza ricoprire posizioni subalterne, grazie a un approccio analitico che non produce gerarchie né si affida alle consuete categorizzazioni critiche, svelano l’arcano: lo stuzzicante inganno di quei 15 film che, preannunciati dal titolo del volume come dai titoletti dei capitoli, in verità si centuplicano, catapultando il lettore in una visione ampia e suggestiva, che è al contempo lieve e incantevole, ma anche rigorosa e complessa, riccamente documentata e ben approfondita.

Nel corso della quale il Risorgimento di 1860 (1934) di Blasetti dialoga per esempio sia con il regime mussoliniano sotto cui il film è prodotto, sia con passato e contemporaneità, attraverso conversazioni che animano il confronto ora tra sonoro e muto (La presa di Roma, 1905, Alberini), ora tra maestri (Visconti del Gattopardo, 1963) e neo autori (Martone di Noi credevamo, 2010).

E ancora, mentre la Prima guerra mondiale, smontata di ogni eroismo, assume i caratteri tragicomici delle maschere della commedia all’italiana della Grande guerra (1959) di Monicelli, facendoci immergere nel fango della trincea di Torneranno i prati (2014) di Olmi, il Fascismo è letto come effetto della sindrome adolescenziale del popolo italiano, sempre alla ricerca di un capo, nel film più autobiografico di Fellini, Amarcord (1974).

Sorprende poi come la Resistenza di Roma città aperta (1945) e Paisà (1946) di Rossellini si intreccia con In nome del Papa Re (1977) di Magni (dalla cui filmografia Crespi attinge fulminanti battute citate in apertura di ogni capitolo): l’attentato carbonaro nella Roma del 1867 riecheggia infatti sia nella stagione terroristica degli anni ’70, sia nella strage nazista di via Rasella del ’44.

Viceversa, per un miracolo economico che negli anni ’60 corre veloce sull’Aurelia del Sorpasso (1961) di Risi, ve ne è un altro che diviene rito di passaggio, sacrificale e cannibalico, nel Boom (1963) di De Sica. Metaforico e profetico quasi quanto lo è per la strage di Piazza Fontana, Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Petri, che però per Crespi non è, contrariamente a quel che la tradizione critica tramanda, il suo manifesto, bensì un’intuizione, più liquida e grottesca che realista.

Infine, se del Berlusconismo è cantore Moretti, che nel Caimano (2006) intravede il doppio volto malefico ed eversivo del Cavaliere, è nel Duemila di Diaz (2012) di Vicari che, nel volo della bottiglia e nel vagar della pallottola che al G8 di Genova del 2001 uccide Carlo Giuliani, si riverberano il salto ellittico dell’osso-astronave di 2001: odissea nello spazio (1968) di Kubrick e l’urto traumatico degli aerei lanciati l’11 settembre 2001 contro le Twin Towers. 

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