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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Máirtín Ó Cadhain, Parole nella polvere

[ trad. it. di L. Anzolin, L. Macedonio, V. Perna e T. Siciliano, Lindau, Torino 2017 ]

In un cimitero sovrappopolato in Connemara, sulla costa Ovest dell’Irlanda, Caitríona Pháidín è stata appena seppellita e scopre con colorito disappunto di non essere nel lotto da una sterlina, né tantomeno di avere una bella croce di pietra a segnalare la sua presenza. Da qui ha inizio un chiacchiericcio ininterrotto (se non dai brevi interludi della stentorea “tromba del cimitero”) che coinvolge tutti i morti, più o meno freschi, del cimitero. È questa, in breve, la non-trama del sensazionale romanzo di Máirtín Ó Cadhain, il più grande romanziere in gaelico del secolo, socialista e indipendentista irlandese che tra il 1939 e il 1944 fu anche rinchiuso in un campo di prigionia per dissidenti.

Pubblicato in irlandese nel 1949 e (quasi) mai tradotto in inglese fino al 2015, Parole nella polvere ha vissuto negli ultimi anni una vera e propria “risurrezione”. Alla prima traduzione del 2015 ne è seguita infatti un’altra, più rigorosa, nel 2016, e pubblicata dallo stesso editore: Yale UP in collaborazione con Cló Iar-Chonnacht. L’intento appare quello di voler innescare un dibattito sulla traduzione del romanzo e, più in generale, su quanto poco desiderabile sia una singola e “perfetta” traduzione di qualsiasi romanzo, men che meno di un’opera inventiva come questa. Tuttavia, che Lindau, grazie a un encomiabile squadra di quattro traduttori, abbia pensato di tradurre l’opera basandosi sulle due versioni inglesi lascia perplessi. Se da un lato, infatti, il multilinguismo del romanzo sembra ben rappresentato dalla felice convivenza polifonica delle lingue e dei registri di questa cupa e briosa compagnia di ciarlieri inumati, al lettore in più punti viene il dubbio di quale risultato avrebbe potuto dare una traduzione fatta a partire dal testo irlandese.

Il coro dei traduttori, nonostante questo, se la cava egregiamente con un romanzo corale come questo. Parole nella polvere (titolo allitterante come il Cré na Cille originale) è infatti un’opera modernista in cui le voci si accavallano senza alcun narratore a riordinarle in una narrazione coerente. Se a molti ha ricordato l’Antologia di Spoon River, per via senz’altro della condizione ultraterrena (e sotterranea) dei personaggi, l’incrocio continuo di voci quasi incorporee fa pensare forse di più a Le onde di Woolf oppure a La coda di Sorokin, con il loro insistere sulla ripetitività delle azioni e delle parole. Ed è proprio il trattamento del tempo a rendere Parole nella polvere un romanzo al tempo stesso coinvolgente e noioso, divertente e meccanico. L’orizzonte verso il quale tendono le storie, o meglio i ricordi, non è infatti quello tradizionale dei romanzi: la risoluzione è già avvenuta, il futuro è stato cancellato e l’intero romanzo appare spesso come un disperato tentativo di trovare una spinta, tenacemente vitale, nell’atto stesso di raccontarsi. Così, pur morta, Caitríona continua a sparlare della sorella Nell, a seminare zizzania e sbraitare, e così anche gli altri continuano i litigi, le illusioni, le prese in giro. C’è qualcosa di disperato e di umano in questo continuo ritorno, in questa coazione dei protagonisti a restare attaccati alle meschinità della vita. E ogni personaggio ha il suo ritmo, dato dalla ripetizione continua di vere e proprie marche sintattiche e lessicali, che aiuta, se non a distinguerli con facilità, quantomeno a sentirli familiari. Si tratta di un espediente molto efficace anche nella traduzione italiana, che rispetta la natura “radiofonica” di un testo piacevolmente dispersivo, ma mai labirintico, che si sviluppa in un garbuglio e per accumulo. Secondo Declan Kiberd i romanzi irlandesi sono come le città dell’isola: degli agglomerati di villaggi più che vere e proprie città. E così i romanzi sarebbero agglomerati di storie, unite per vicinanza e associazione, ma mai contenute da una trama unitaria. Questo è senz’altro vero per Parole nella polvere, il romanzo di una folla immobile e vivace, riluttante e strenuamente in bilico tra la vita e la morte come le comunità gaeliche che rappresenta. 

 

 

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