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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Elio Pagliarani, Tutte le poesie. 1946-2011

[ a cura di A. Cortellessa, il Saggiatore, Milano 2019 ]

C’era più di un motivo per allestire una nuova edizione del corpus poetico di Elio Pagliarani che aggiornasse e ampliasse l’«Elefante» pubblicato nel 2006, vivente (e coinvolto) l’autore (Tutte le poesie (1946-2005), a cura di A. Cortellessa, Garzanti). Esce, dunque, per il Saggiatore e sempre per le cure di Andrea Cortellessa, un’edizione che copre anche gli ultimi anni di attività e, soprattutto, dà conto dei risultati di ricerche recenti, giovandosi (e insieme mettendolo a sistema) del vivace fermento critico cresciuto nel frattempo intorno all’opera del poeta. Il formato monstre (30×14,5) ricalca le misure (32×12,5) di Lezione di fisica & Fecaloro (Feltrinelli 1968), consentendo così di tornare a leggerne i testi «nella loro piena e impareggiata estensione» (p. 488), nonché di portare in primo piano la vocazione tridimensionale, per l’occhio e per l’orecchio, della poesia di Pagliarani. Figura in copertina un foglio piegato in otto parti e disteso a mostrare le piegature e il conseguente gioco di luci e ombre che si esercita sul bianco della carta: rappresentazione quanto mai esatta della sua scrittura, che è, prendendo a prestito le sue parole, «a un dipresso come quei libri per l’infanzia, che oggi diremmo in qualche modo pop, donde salta fuori un bosco un castello i sette nani, a ogni pagina» (Il fiato dello spettatore, 2017, p. 208).

Quindici testi si aggiungono alla sezione Poesie disperse, che ora accoglie tutte le poesie reperite tra quelle edite ma non confluite nei libri; mentre vi scompaiono le parti di Rosso corpo lingua oro pope-papa scienza. Doppio trittico di Nandi (1977) non entrate nella Ballata di Rudi, poiché il libro del 1977 viene riprodotto per intero, in quanto opera autonoma e «vertice della sperimentazione (non solo sua)» (p. 500). Le Appendici, inoltre, diventano due. Quella aggiunta ex novo è interamente dedicata alla genesi della Ragazza Carla e affianca una testimonianza d’autore e un soggetto cinematografico del 1948: si tratta di documenti che confermano quello che Pagliarani raccontava del progetto iniziale dell’opera («due paginette dattiloscritte che avrei voluto mandare a De Sica, alla coppia Zavattini-De Sica, come soggetto cinematografico»: Promemoria a Liarosa, 2011, p. 197). Sigillano il volume due preziosi Apparati: nelle Note ai testi il curatore ripercorre, per ciascuna opera, la storia editoriale, accennando anche a quella compositiva stando alle testimonianze d’autore e alle pubblicazioni a stampa; infine una Bibliografia, curata da Giuseppe Andrea Liberti, dà conto di tutte le versioni a stampa di ciascun componimento. Alla sola tradizione a stampa, infatti, sono circoscritti tanto il corpus, dal quale sono esclusi gli inediti, quanto la recensione delle varianti. Se «non si può considerare neppure parzialmente un’edizione d’autore» (p. 500), questa non è ancora propriamente un’edizione critica, sebbene di un simile lavoro ponga «concretamente le basi» (p. 487): il «passo successivo sarà «quello di ricondurre il repertorio a stampa alle sue fonti manoscritte e dattiloscritte» (p. 487); un’impresa che dovrà puntare a ciò che Cortellessa prefigura per La ballata di Rudi nell’ampio saggio introduttivo: «una futura edizione critica e puntualmente commentata della Ballata di Rudi sarà uno spaccato eloquente del paesaggio sociale italiano lungo quasi quarant’anni di impressionanti metamorfosi» (p. 39).

Il «passo successivo» è allora senz’altro da farsi, per restituire questa poesia alla sua natura processuale, fatta di lunghe gestazioni a stretto contatto con la storia sociale, economica, culturale e insieme linguistica di una trasfigurazione, quella dell’Italia nel passaggio dal dopoguerra alla fine del secolo scorso, con la guerra a fare da punto d’origine traumatico tanto di un epos inevitabilmente infetto (penso soprattutto alla Ballata di Rudi) e a rovescio (come, per certi aspetti, nella Ragazza Carla) quanto di una lirica straniata, come in Inventario privato.

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