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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Sandro Penna, Poesie, prose e diari

[a cura e con un saggio di R. Deidier, cronologia di E. Pecora, Mondadori, Milano 2017]

Il «Meridiano» di Penna, curato da Roberto Deidier, rende disponibile, oltre all’intero corpus in versi, anche quello in prosa: i racconti, le recensioni, i pochi interventi critici e le Pagine di diario. Queste ultime permettono di ripercorrere letture e spunti di riflessione da cui esce un profilo di Penna molto meno naïf di quello che ancora accompagna la sua poesia: individuare, ad esempio, le matrici nietzschiane e leopardiane del fanciullo evita di appiattire la poesia all’immediatezza della biogra­fia. Anche se presenta qualche rischio culturalizza­re all’eccesso una poesia che invece si tiene ai margini delle genealogie culturali e letterarie.
Il nucleo del volume è la riproposta delle poesie, da anni pressoché introvabili o disponibili in edizioni se­gnate dall’interventismo e dall’approssimazione de­gli editori, specie dopo la morte del poeta. Deidier adotta una soluzione radicale: mette a testo l’auto­antologia Poesie del 1973 e sistema tutto il rimanen­te nella sezione Poesie 1922-1976; ovvero 157 testi con l’imprimatur dell’autore contro 397 improvvisa­mente “apolidi” più che dispersi. Come se prima di Poesie 1973 non ci fossero altre raccolte. Le ragioni sono apparentemente chiare: Poesie 1973 sarebbe l’unico volume curato da Penna, senza interventi estranei. Ma è proprio così? La certificazione di au­torialità che chiude Tutte le poesie 1970 non è per nulla meno autoriale: basta leggere la Nota conclu­siva. Inoltre Poesie 1973 è una selezione che Penna costruisce con un lavoro di taglia e cuci proprio su Tutte le poesie 1970. Cadono i titoli delle sezioni: gli spostamenti di testi – rari quelli nuovi – sono però così ridotti che l’impianto originario rimane comun­que visibile. Poesie non è affatto il libro che produce un’immagine di Penna finalmente libera e nuova. Potendo farlo, non lo fa. Ci si domanda allora perché preferire il tardo florilegio al libro nella sua interezza, come è sedimentato in Tutte le poesie.
Non solo, il collaborazionismo interventista cac­ciato dalla porta rientra dalla finestra. Deidier intraduce nella sua edizione delle Poesie, al primo posto, La vita… è ricordarsi di un risveglio, che pe­rò non c’è nel 1970. È vero che Penna si lamenta dell’omissione: ma per quale ragione Garzanti avrebbe cassato proprio la poesia-manifesto, quella che sta in tutte le antologie? Il sospetto ca­de piuttosto su Penna e il rapporto controverso fra l’autore e la sua opera. Un po’ più di un sospetto: conduce al cuore del problema e dell’edizione. Penna conferma nel 1973 che quello è stato il no­do mai sciolto di un’intera carriera creativa: la completa estraneità della forma libro rispetto alla sua nozione di poesia, che si identifica con il testo poetico. Non il libro. Non sapendo costruire il libro, nel 1973 si affida a quello del 1970. Mettere dun­que a testo Poesie 1973 non riconsegna l’opera al suo autore, si traduce piuttosto in un’operazione che non chiude.
Il «Meridiano» toglie ogni significato alla storia edi­toriale di Penna: per conoscere l’indice di Poesie 1939 bisogna attendere la scheda di Poesie 1989 e ricavarlo da lì, un’edizione postuma. Privare di va­lore l’assetto testuale delle opere precedenti Poe­sie 1973 avrebbe richiesto una documentazione accurata della loro storia e struttura interne. Anche perché, mancando la possibilità di datare molti pezzi, la loro successione in Poesie 1922-1976 spesso rispecchia quella delle raccolte edite. Ovve­ro, circolarmente, quella riassunta in Poesie 1970. Inevitabilmente contraddittorio, il progetto del libro rispecchia una scelta ideologica, non filologica. L’atto di scardinare l’immagine storica di Penna – il succedersi delle sue raccolte – riduce l’autorialità ad un’astrazione: come se l’opera di Penna potes­se esistere al di fuori della sua dialettica con la sto­ria. Peraltro, in questo modo scompare l’intera vi­cenda della ricezione. Un primato così assolutiz­zante dell’autore (da vecchio), che di fatto cancel­la l’opera, lascia affiorare, oltre Penna, un’ipotesi di Novecento molto difficile da ricevere. 

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