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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Anna Boccuti – Terry Eagleton, Breve storia della risata

[ trad. it. di D. Pitter, il Saggiatore, Milano 2020 ]

Dopo la teoria letteraria, il postmoderno, la critica culturale (e il senso della vita), Terry Eagleton si è avventurato nei labirinti di quel fenomeno molteplice e composito che va sotto il nome di “umorismo”. Nell’edizione originale, intitolata sobriamente Humor, l’oggetto di indagine viene offerto al lettore senza un sottotitolo che ne glossi i contenuti, spesso utile ad anticipare la chiave di lettura privilegiata. Non ci si lasci ingannare dal titolo, però, perché si tratta di una semplicità argutamente ironica, come spesso accade nelle riflessioni dello studioso inglese. Le prime pagine del volume, infatti, sono consacrate a una vivace disamina della fenomenologia della risata, definita in modo suggestivo come «una lingua con una serie di idiomi diversi: schiamazzo, risatina, borbottio, sogghigno, stridio, urlo, grido, risolino, sussulto, strillo, raglio, uggiolio, riso, boato, ridacchio, fischio, sghignazzo, riso nasale, riso nervoso, riso urlato, riso stridulo e così via». Il lungo elenco serve a mostrare che il riso è universale ma non uniforme, come si precisa nell’incipit del capitolo I. Naturale e culturale al contempo, la risata è sottrazione ed eccesso significato, e tuttavia, precisa Eagleton, può essere letta come un testo poiché è codificata socialmente. Alla fenomenologia del riso si affianca dunque la proposta di una semiotica della risata, che ne analizzi la funzione sociale.

L’accento viene posto sull’effetto dell’umorismo (e non sugli aspetti teorici) anche nel titolo dell’edizione italiana, Breve storia della risata, che ben traduce l’ironia dell’originale. La prospettiva diacronica annunciata, tuttavia, non è così pronunciata nell’organizzazione del libro, né in quella dei contenuti. Difatti, dei cinque capitoli del volume, uno soltanto è dedicato alla fortuna dell’umorismo nella cultura occidentale (o meglio, nella cultura britannica, visto che Eagleton, una volta arrivato alla modernità, menziona soltanto filosofi e scrittori anglosassoni). I primi tre capitoli propongono una sintesi delle principali e più conosciute teorizzazioni sul riso: le teorie del sollievo, della superiorità e dell’incongruenza. Eppure, segnala Eagleton, nessuna di queste teorie è sufficiente da sola a rendere conto dell’origine del riso. Anche il capitolo V, «La politica dell’umorismo», ripercorre sentieri già battuti: sebbene esordisca con una opportuna problematizzazione della politica dell’umorismo, insistendo sulla sua natura bifronte, Eagleton si sofferma poi sulle ben note teorizzazioni di Bachtin; meno canonico, invece, l’accostamento della liberazione del carnevale a quella offerta dal Vangelo, immagine con cui si chiude il volume.

La riflessione avanza attraverso il ricorso a un solido repertorio interdisciplinare, dove filosofia, psicoanalisi e marxismo si intrecciano per comprendere a fondo gli oggetti di studio. Questo approccio sembrerebbe particolarmente azzeccato per cogliere l’essenza di un fenomeno sfaccettato come l’umorismo, inafferrabile se affrontato da prospettive univoche e parcellizzanti. Ciononostante, l’eterogeneità delle fonti – da Aristotele a Hegel, da Kundera a Hutcheson e Trevor Griffiths – e la libertà con cui si salta rapidamente dall’una all’altra, procedendo quasi per accumulazione, questa volta non giovano alla penetrazione dei concetti in gioco.

Breve storia della risata, dunque, forse non aiuta a fare ordine nell’indefinitezza filosofica propria dell’umorismo, che Umberto Eco aveva rilevato ormai una quarantina d’anni fa in Il comico e la regola, né vi è traccia qui delle illuminanti conclusioni cui Eco perveniva in quel breve saggio. D’altro canto, Eagleton specifica nella prefazione che il suo proposito non è coniare una teoria onnicomprensiva dell’umorismo – «solo un teorico avventato cercherebbe di riunire tutto ciò in un’unica formula» – quanto, piuttosto, «dire qualcosa di relativamente convincente e coerente sul perché ridiamo». Ebbene, quest’obiettivo è stato senz’altro ampiamente raggiunto, ma l’umorismo e il riso mantengono ancora intatti alcuni dei loro segreti per altri assedi critici.

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