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rivista semestrale

anno XXXV - terza serie

numero 88

luglio/dicembre 2023

Agnese Macori – Sergio Bozzola, Chiara De Caprio, Forme e figure della saggistica di Calvino. Da «Una pietra sopra» alle «Lezioni americane»

[ Salerno, Roma 2021 ]

Il libro di Bozzola e De Caprio occupa un posto importante nello sterminato universo della critica calviniana. Come sottolineano l’autore e l’autrice nell’Introduzione, questo studio è necessario innanzitutto per «motivi bibliografici», ovvero per l’incredibile assenza di un’indagine sistematica ed esaustiva della produzione saggistica di Calvino. Il saggio si offre come un’indagine prevalentemente stilistica delle macrostrutture (le «forme») e dei procedimenti retorici (le «figure») delle tre raccolte saggistiche calviniane: Una pietra sopra, Collezione di sabbia e Lezioni americane. Peculiarità del volume è la scelta di non affrontare le tre raccolte separatamente, secondo l’ordine cronologico di pubblicazione, bensì di raffrontarle secondo cinque nuclei tematici, corrispondenti ai cinque capitoli del libro (i primi tre scritti da De Caprio, gli ultimi due da Bozzola): «Posture autoriali e modelli macrotestuali», «Organizzazione tematica e linea argomentativa», «Il saggista e il lettore», «L’espressione del soggetto e il filo del discorso» e «Le geometrie dell’informe». I primi tre capitoli sono dedicati alle «forme», ovvero alle strutture e alle macrostrutture delle tre raccolte. L’impostazione di De Caprio è diacronica, in quanto tende a individuare una traiettoria che da Una pietra sopra arriva alle Lezioni americane secondo una logica consequenziale: i capitoli da lei curati si aprono dunque sempre con considerazioni sulla prima delle tre raccolte, per chiudersi sull’esito a cui giungono le Lectures. Il primo capitolo indaga, dal punto di vista formale, il «tema della maschera autoriale» (p. 17) mostrando i mutamenti che questa ha subito nel tempo, passando da una forma saggio «centripeta e compatta», in cui prevale un discorso costruito su frasi dichiarative formulate alla prima persona plurale, a una forma «diffusa» e centripeta (p. 38) in cui prevale l’orizzontalità sintattica e la tendenza a posporre il tema, rinunciando a una enunciazione programmatica in apertura di discorso. Il secondo capitolo porta avanti queste considerazioni applicandole però più dettagliatamente alla struttura formale dei testi, che vengono analiticamente scomposti per mostrare come effettivamente agiscano le forze centripete e centrifughe a cui si accennava nel primo capitolo. I testi calviniani vengono analizzati dettagliatamente, indagando in quale misura gli inserti narrativi, descrittivi e dialogici influenzino la struttura e lo stile dei testi. Il terzo capitolo studia il modo in cui i saggi di Calvino inglobano il carattere della conversazione, e quale forma assuma di conseguenza l’istanza enunciativa. Anche in questo caso la costruzione è progressiva, e dimostra come da una preponderanza della prima persona plurale – a cui Calvino fa ricorso con modalità e intenti differenti – si passi progressivamente alla prima persona singolare. I due capitoli di Bozzola, dedicati alle figure della scrittura calviniana (in particolare alle ripetizioni, alle metafore e similitudini e alle accumulazioni), insistono con meno forza su mutamenti tendenziali tra le tre opere, pur individuando elementi di differenza tra il primo Calvino – più assertivo e impegnato a mettere ordine al caos del reale – e l’ultimo Calvino, maggiormente interessato a rendere sulla pagina il brulichio informe della realtà. Il quarto capitolo, dedicato allo studio delle ripetizioni, si apre con l’idea che il ricorso a figure di ripetizione sia da considerarsi «una vera costante dello stile di Calvino» (p. 128), e sebbene anche Bozzola individui delle distinzioni interne a questo procedimento, l’impianto diacronico è molto sfumato. L’ultimo capitolo, dedicato alle figure retoriche, insiste maggiormente sulla distinzione tra resa diretta e precisa dell’oggetto e l’uso approssimante delle figure di analogia, ma anche in questo caso l’autore sottolinea come queste «geometrie dell’informe» si estendono nell’intero corpus della produzione saggistica di Calvino e non siano quindi ascrivibili a un solo momento della sua produzione.

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