2666 è una macchina di oscurità. Il romanzo procede per dispersione, ripetizione, incompletezza: anche quando tutto sembra ingranare, i conti non tornano. Lo scrittore Arcimboldi, oggetto delle indagini di cinque critici, compare senza che nessuno di loro l’abbia trovato; i delitti di Santa Teresa, di cui è accusato suo nipote, non hanno un colpevole; le vicende si collegano per analogie enigmatiche. Non esiste alcun senso generale. Eppure, Bolaño non è un nichilista: il narratore cerca la comunione con i suoi personaggi, e difende il valore precario, ma incancellabile, delle loro individualità. La sua saggezza sta in una forma di malinconia che non si arrende all’insensatezza che mette in scena.
2666 is a machinery fuelled by obscurity. The novel expands through dispersion, repetition and incompleteness: even when every piece seems to fit, figures don’t add up. The writer Arcimboldi, target of the investigations of five critics, appears without anyone of them succeeding in finding him; the Santa Teresa crimes, attributed to his nephew, do not have an actual culprit; incidents follow one anotheraccording to enigmatic analogies. An overall logic is clearly missing. Yet Bolaño does not come off as a nihilist: the narrator yearns for a communion with his characters, and struggles for their precarious, yet uncontestably worthy individualities. He imparts a melancholic wisdom, which resists the senselessness of the scenario he depicts.
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